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​​​"L’autostrada, la dogana, i limiti di velocità, 20 minuti di tornanti, 10 di sterrato e arrivo fuori dal mondo.
Non so bene cosa sono venuta a fare se non rispondere a una chiamata nella pancia avvenuta dopo una lunga contrattazione con la mente che mi chiede ‘ma dove ti infili ancora?
Cosa cerchi?’

La pancia non ha risposte e la mente non riesce proprio a farsi un’idea di cosa ci aspetta.
E continua a non capire, quindi a un certo punto molla il colpo, che già di per sé è un miracolo quanto la bellezza del luogo.
Sono venuta a incontrarmi,
ora che ti vedo lo sento,
e posso farlo perché tu Claudia sei la prima persona che conosco da cui non arriva alcun tipo di giudizio (e giuro che ti ho osservata bene: è incredibile, niente, nemmeno nello sguardo, nel modo in cui muovi le mani, nel modo in cui esce la tua voce).
C’è un accogliere che mi dà coraggio.

E così, durante il lavoro la mia mente porta fuori immagini di me di sofferenza, lati miei proprio brutti che sento finalmente di avere il coraggio di condividere; ho paura e piango ma sono convinta che tu mi insegnerai come accoglierli.
Invece no.

Tu, con una fermezza inesorabile nella sua dolcezza, mi togli subito dalla mia narrazione e mi chiedi di ascoltare il corpo.
Ci impiego un attimo perché non mi piace questa cosa:
avevo appena trovato il coraggio di raccontarmi e voglio farlo!

Ma di nuovo ho fiducia, ti guardo fissa e respiro… e allora mi sento.
Ho la bocca serrata come fosse diventata di pietra.
Impossibile emettere suoni.
Sono basita e provo a dirtelo coi gesti…
Sì, il mio corpo porta segni di spavento senza nome e senza tempo.
E tu mi accompagni in silenzio, lentamente mentre le mie fibre continuano a rilasciare forti contrazioni che non sapevo di avere e che non so nemmeno cosa siano.

Pian piano lo spazio del corpo presente, del respiro, occhi negli occhi, si dilata.
Arriva infine una pace talmente semplice da cui non sale alcuna parola. Nessuna. Nessun pensiero.
Tornare ‘a casa’ è diverso da come lo pensavo.
Non si può proprio pensare.

No, non c’è un tracciato che se lo ripercorro poi ritrovo casa:
la casa contiene tutte le mappe e ogni tempo e non c’è niente ‘da fare’ e niente ‘da dire’.
Un grande spiazzante bellissimo ‘Boh!’ e da lì sorridiamo insieme.
La mia mente è stupefatta e, prima di tacere per giorni, dice solo:
‘che figata!’

Al rientro a casa lo stato di grazia è passato più sullo sfondo nel fare quotidiano, ma resta una diversa qualità di presenza, come una piccola cura e insieme un piccolo distacco maggiore dalle cose e dalle parole, incluso ciò che ho vissuto nel lavoro insieme a te.
Vedo i pensieri tornare sui tracciati passati ma con minor convinzione.

Ciò che sento più presente di prima è l’accoglienza, di me, delle cose, di chi incontro, dei miei pensieri, delle mie emozioni…
Poi non c’è la fretta di prima, nemmeno sono in attesa del nostro prossimo incontro.
È insolito.

Come se tutto è semplicemente quello che è… la mente ripete a volte “tutto qui?”
Grazie Claudia e grazie alle compagne del gruppo per questo incontro impensabile, per questo spazio in cui tutto, ma proprio tutto è accolto e può riposare nella presenza.

Ti abbraccio forte Claudia"
M. da Bergamo
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